Dialoghi con Leucò

Pavese e l'eco di Leopardi

Written by Lorenzo

biglietto di addio di Pavese
L’annotazione sulla prima pagina dei Dialoghi trovati sul comodino della stanza d’albergo in cui Pavese si suicidò ingerendo una forte dose di barbiturici.

Che i Dialoghi con Leucò siano una sonora eco esistenzialista e psicoanalitica delle Operette leopardiane, piace a tutti sentirlo. Quel che piace di meno, è sentir ricordare che di fronte alla morte Leopardi fu un titano - o una Ginestra - e Pavese un uomo - o un Narciso.

“L'uomo mortale, Leucò, non ha che questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia”, stila Pavese su un foglietto inserito nei Dialoghi nella stanza 346 dell'hotel Roma.
Scritti tra dicembre 1945 e marzo 1947, e pertanto ancora a qualche anno di distanza da quel fatale 27 agosto 1950 che consunse lo scrittore, i Dialoghi non comunicano ancora quella sofferenza metastatica presente in Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, e non presentano certo quei toni aspri e drammatici con cui Pavese comunica nelle ultime pagine del suo diario. Quel che comunicano e presentano invece, sono un accorato affetto per i classici e un ritmo cadenzato, trascinante.
A soddisfare quel senso di attesa generato dalla paratassi, alla fine dei dialoghi si ritrova spesso un gusto sagace nello stupire il lettore reinterpretando la tradizione mitologica.

Sublime tentativo di analisi e sintesi del ruolo occupato dal mito nella cultura odierna, questi 27 dialoghi apocrifi tra uomini, dei, ninfe e centauri, trattano temi quali l'amore, la morte, il destino, il dolore, il rimpianto, il ricordo.
Chissà che Martone, dopo i lavori cinematografici e teatrali su Leopardi, non decida un giorno di dedicarsi anche al poeta delle Langhe.

Lorenzo



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