Vannucci ha esordito nel 2016 con Il più grande sogno, film per il quale ha ricevuto una candidatura a miglior regista esordiente ai David di Donatello, e anche in Delta si avverte pienamente tutta la sua ambizione creativa.
Durante la presentazione al Cinema Troisi di Roma, Vannucci ha descritto questo film come un incontro tra dimensioni opposte, un dramma che mette in scena i risultati di un’esasperata mancanza di comunicazione e comprensione reciproca: nel film sono pochi i dialoghi e, procedendo, si assiste sempre più a un ritorno al primordiale e all’animalesco, il tutto sottolineato da un paesaggio selvaggio e mistico.
Delta è un thriller che deve il suo nome all’ambientazione: Il delta del Po. Acqua e nebbia si fondono in un’umida atmosfera di inquietante attesa e le diramazioni fluviali sembrano, come gruppi di vene, penetrare nei personaggi e dirigerne i movimenti. Da un lato abbiamo gli abitanti del posto, uniti in un’associazione di volontari per la difesa dell’ecosistema locale, dall’altro un gruppo di bracconieri venuti dall’est, che praticano pesca illegale per sopravvivere. Procediamo nella storia seguendo i volontari Osso (Luigi Lo Cascio) e sua sorella, ed Elia (Alessandro Borghi), un uomo originario di quei luoghi ma che da tempo è entrato a far parte della comunità dei bracconieri.
L’assenza di comunicazione fra queste due realtà sfocia nella violenza, ed è interessante notare come questo scontro tra opposti nel finale evidenzi la sostanziale, benché incomunicabile, uguaglianza: tutti i personaggi alla fine del film si ritrovano ugualmente sconfitti, soli, disperatamente alla ricerca di una comunità, di una famiglia, che però sfugge loro. Ciò viene metaforicamente enfatizzato quando Osso ed Elia si scambiano i cappotti: per quanto questo gesto sia dovuto dalla necessità di camuffarsi, finisce con l’esplicitare come i personaggi opposti e nemici non siano poi così diversi.
Valentina